Review of Quite A Way Away [12k1070]

Blow Up (IT)

Strano destino quello di Gareth Dickson. Lo incontrai anni fa al seguito del tour italiano della leggendaria Vashti Bunyan dove la accompagnava con la chitarra. Ascoltai poco dopo il suo “Spruce Goose” (2005) disco bello e sensible al quale seguiranno <i>Collected Recordings</i> (2009) e i tenui bozzetti strumentali di <i>The Dance</i> (2010). Poi il colpo di fulmine, l’incontro con Juana Molina, il repentino trasferimento in Argentina e li una serie di disavventure rocambolesche che dire casuali sembra quasi improprio. Una pallottola che lo sfiora, dei cani che lo morsicano ed in fine un velivolo con il quale si stava recando in un piccolo paese tra le Ande, che prende fuoco e riesce ad atterrare miracolosamente. Tre volte salvo dunque, strano destino appunto. Ma se tutto questo e servito a dar vita ad un disco come <i>Quite A Way Away</i> con un po di cinismo vien da dire che non tutti i mali vengono per nuocere! Gia, perche si tratta di un piccolo capolavoro ed il suo disco migliore non ve dubbio. Forse non tutti sanno che il folksinger di Glasgow possiede una voce “pericolosamente” affine a quella di Nick Drake, tant e che uno dei suoi tour piu fortunati era interamente dedicato a cover di Nick. Ma in lui non c e mera imitazione, semmai l’ispirazione gli e servita insieme ad altre (il Brian Eno piu crepuscolare, Bert Jansch e persino l’Aphex Twin degli “Ambient Works”) per costruire un proprio mondo intimo e personale, fragile e surreale insieme, minimale nelle tessiture (ecco perche accolto per quanto possa apparire stravagante, tra le fila della iperminimal e post techno 12k) ma vivace nelle coloriture e dall agile fingerpicking. Si ascolti Adrenaline con i suoi florilegi di corde, davvero splendente. E poi “Noon,” la misteriosa e smaniosa “Get Together”, la scarna essenzialita di “This is the Kiss,” per non dire di Nunca Jamas ripresa dall indimenticato cantastorie argentino e chitarrista sopraffino Atahualpa Yupanqui, qui tradotta e cantata in inglese ma con testo originale a fianco. Ed infine Jonah (inevitable il riferimento a Jonah che visse nella balena… ) a chiudere in bellezza un disco destinato a restare e di cui ci ricorderemo senz altro anche a fine anno. “Jonah, it’s a big old sea, I will love you forever” Gino Dal Soler

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