Sentireascoltare (IT)
Custode di una delle più credibili declinazioni di ambient techno a oggi disponibili, il duo composto dai norvegesi Rune Sagevik e Jostein Dahl Gjelsvik arriva al secondo album su 12k e conferma – va detto subito – quanto di buono dimostrato in Sart (12k, 2007), esordio già maturo di produttori dei quali tutto si poteva intuire tranne che fossero alle prime armi.
Grazie a una cura del suono che definiremmo quasi maniacale, i due riescono infatti a rendere ancora attraente quella che è ormai lingua morta di un genere che ha attualmente nel ritornello deleuziano (differenza e ripetizione) di Biosphere – un altro norvegese – o nelle evoluzioni di Pantha du Prince o Monolake gli ultimi avamposti di creatività percepibili all’orizzonte. Sono le maestose aperture di brani come “Valldal“ e “Sus“ – non il canonico e costante frullare di brani sottopelle – il marchio di fabbrica di Pjusk, ció che meglio sanno fare e li rende riconoscibili – come rende riconoscibile Biosphere e un certo modo di intendere l‘elettronica tipico dei paesi scandinavi.
Il disco funziona, specie se ascoltato a volume sostenuto sì da poter apprezzare le dinamiche texturali – davvero sopraffine – che sono qui più importanti di quelle armoniche o melodiche – rare e, quando presenti, piuttosto prevedibili. Con qualche colpo a vuoto in meno – il disco dura più di un’ora: troppo per queste sonorità – saremo qui a parlare di un classico minore dell’ambient techno – o del primo vagito di una new school del genere. (7.2 10) Vincenzo Santarcangelo