Review of Disappearance [12k1076]

Music Won’t Save You (.COM)

Nell’incessante ricerca espressiva che sta conducendo Taylor Deupree a numerose esperienze collaborative (ultima quella con Cameron Webb in “Wood, Winter, Hollow”), l’attivissimo manipolatore di suoni ambientali statunitense incontro un altro artista a sua volta incline alle collaborazioni, ancorché proveniente da un retroterra piuttosto diverso, quale Ryuichi Sakamoto. Non si tratta, tuttavia, del primo incontro tra i due, che avevano dapprima incrociato i propri percorsi nel 2006, in occasione di un remix di “World Citizen”, mantenendo in seguito attivamente i contatti attraverso la partecipazione di Deupree a un paio di progetti di Sakamoto.

I cinque brani di “Disappearance” costituiscono però la prima testimonianza discografica ufficiale di un’interazione che il profilo degli artisti coinvolti non poteva certo limitare a una semplice sommatoria di quanto da entrambi abitualmente proposto. Nel lavoro, registrato negli studi newyorkesi di Sakamoto, non ricorrono infatti solamente le sue eleganti esecuzioni al pianoforte né le profonde screziature elettro-acustiche di Deupree, bensì si condensa un tertium genus espressivo, frutto senz’altro della combinazione di tali elementi e soprattutto autonomamente sviluppato in una coltre sonora dalle sfumature rarefatte, elaborata a partire da synth analogici e archi, in una chiave di sorprendente isolazionismo “ghiacciato”.

La ricerca di un grado zero espressivo, ben rappresentata dal titolo e dall’artwork, trova fedele rispondenza nei tre quarti d’ora del lavoro, percorsi sì dalle rade note pianistiche di Sakamoto e dai saltuari saggi di field recordings e pulviscolari detriti sonori di Deupree, ma sviluppati in prevalenza secondo una progressiva giustapposizione di layers di stampo tipicamente ambientale, in particolare nel brano d’apertura “Jyaku” e in “Ghost Road”. Irregolari miniature elettro-acustiche si manifestano, con discrezione, quasi soltanto in “Frozen Fountain” e “This Window”, con funzione di straniante accompagnamento ritmico alle note del pianoforte, diluite secondo sospensioni altrettanto irregolarmente prolungate.

L’accuratezza applicata nella creazione di immagini in dissolvenza si apre infine nella conclusiva “Curl To Me” a un’ulteriore variazione, che attraverso le note di una chitarra acustica e l’interpretazione della suadente Ichiko Aoba restituisce a una sublime dimensione umana un lavoro frutto non solo della ragione ma anche della sensibilità di due artisti che in “Disappearance” hanno coniugato la classe e la curiosità della scoperta che non smettono di infondere in ogni loro opera.

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