Music Club (IT)
Perché, mi chiedo io, da certi dischi sai già esattamente cosa attenderti ancora prima di averli ascoltati e nonostante i gruppi siano a te sconosciuti? La domanda è di facile risposta se si sa, almeno a grandi linee, qual è l’ambito di competenza generico dei personaggi coinvolti(nella fattispecie diciamo elettronico dell’ultima generazione). Ormai e qui credo che molti (a meno che non vogliano difendere posizioni indifendibili) siano concordi, chi ha scelto quella via da esplorare non può più andare lontano, essendo la strada finita e trovandosi in un vicolo cieco. Ne sono prova inconfutabile la coppia formata da Frank Bretschneider e Ralph Steinbrüchel e tal Fenton (che, tanto per rendersi ancora più ridicolo, pubblica un disco intitolato Pup per una label che si chiama Plop…). I primi due sono andati avanti un paio di anni a scambiarsi suoni e campionamenti e alla fine ne sono usciti fuori con dodici tracce che vanno bene da sentire al mattino quando non si vogliono disturbare i vicini, tanto è poca la consistenza del lavoro. Certo, se si alza il volume, se si scava tra le note, se si pensa al concept, se si elucubra circa le operazioni di assemblaggio, ecc., ecc.; ma mi domando: bisogna pensare così tanto per ascoltare un album? E poi, se dopo aver pensato così tanto si scopre il nulla? Come accade qui. Ma non bisognerebbe ascoltare e percepire, prima che pensare? Alla faccia del minimalismo, mi sa che questo è pressapochismo. E lo stesso discorso si può ripetere per Dan Abrams (ovvero Fenton), solo che nel suo caso viene aggiunto un tocco pop e il tutto ruota attorno a iterazioni (sin troppo ridondanti) di chitarra acustica o elettrica processata. Con Tilman Ehrhorn si risale lievemente la china; pur non mutando sonorità, però, vuoi per il fatto di essere un sassofonista jazz di professione e vuoi perché cerca di comporre brani con un certo calore umano Heading For The Open Spaces risulta più aperto verso l’ascoltatore; non tanto più fruibile, quanto più consapevole del messaggio sonoro da trasmettere. Chiudiamo con Sovacusa (progetto parallelo di Maps + Diagrams e Broca); partono con uno space sound pesantemente digitale, poi spezzano i ritmi e alla fine si trovano a navigare dalle parti di un’ambient increspata. Alternano periodi di anonimato ad altri di buona creatività, però rimangono ancora troppo scolastici.