Impatto Sonoro (IT)
Google Translate from Italian to English:
The experimentation of Dan Abrams, to the century Shuttle358, continues with his record “Field”. 18 years have passed since his masterpiece “Frame”, and with this I do not want to pass the fact that there has been a creative pause, far from it. We have heard his works fishing from IDM, techno, downtempo and other various families of electronics, but with “Field” we return to the origins, to that sound that already said everything, in its developments and its manifestations. I’m talking about the glitch, and our place wins the place among the relevant names of the genre, along with Jan Jelinek, Oval of systemisch, Vladislav Delay, Alva Noto.
In fact, this record, which comes out for one of the most refined electronic labels (of “acoustics” in general), the 12K captained by Taylor Duepree, contains sounds of the 90s that consist of the sound result of malfunctions of old software, of old computers (which saw the birth of the DSP technicolor system), a very slow CPU that physically produced sounds that made the genre born and defined.
From these elements, we start to admire the sound landscapes that Shuttle358 offers us. There are almost endless nuances: from samba in Ring’s modulator by Sea to Dilate’s concretions, to Blue’s drones, from the hot flashes of the title track to the slow descents to the slopes of Rossii, to the ascension of the opening of Star (sound almost raster: noton), to the interrupted communication of Edule that nevertheless generates angelic dialogue, subdued chorus.
Small debris that become liquid in a system, with a fluidity that brings everything together and brings it to itself, whose rhythms are an expression of mood, and not exclusively mere mathematicism. In short, the digital aspect is paradoxically swept away by the gradient of the analogue, since the heat of production has little to do with coldness. Of course, who will always see electronics as a genre sui generis, well, will continue to understand nothing of what are the developments of a cultural practice (then yes, there are those who put music between the arts, but it remains practical ), of a turning point necessary for the amplification of listening, to accommodate charitably those unspent spirits, locked up in that grid defined as noise, instead well seen if in the category “music”.
This is why one can make mistakes in defining music as an art, since it is even before charitable practice, which raises the uselessness of the beauty of a sound (yes, Cage, Stockhausen, Varèse, Berio, Maderna, above all) and makes it, not appearing, but the protagonist of equal level with respect to others, able to make his voice heard.
Noise bans have found refuge in music, a bigger house, in which to live, grow and grow old. Maybe in other eras they will find other developments, and will be a cornerstone for further construction.
Original Italian:
La sperimentazione di Dan Abrams, al secolo Shuttle358, continua con il suo disco “Field“. Dal suo capolavoro “Frame” sono passati ben 18 anni, e con questo non voglio far passare il fatto che ci sia stata una pausa creativa, tutt’altro. Abbiamo sentito i suoi lavori che pescano da IDM, techno, downtempo e da altre varie famiglie dell’elettronica, ma con “Field” si ritorna alle origini, a quel sound che già diceva tutto, nei suoi sviluppi e nelle sue manifestazioni. Sto parlando del glitch, e il Nostro si aggiudica il posto tra i nomi di rilievo del genere, assieme a Jan Jelinek, Oval di systemisch, Vladislav Delay, Alva Noto.
In effetti, questo disco, che esce per una delle etichette più raffinate di elettronica (di “acustica”, in generale), la 12K capitanata da Taylor Deupree, contiene suoni di epoca anni ’90 che sono costituiti dal risultato sonoro di malfunzionamenti di vecchi software, di vecchi computer (che hanno visto la nascita del sistema technicolor DSP), a CPU molto lenta che produceva fisicamente suoni che ben hanno fatto nascere e definito il genere.
Da questi elementi, si parte per ammirare i paesaggi sonori che Shuttle358 ci propone. Si trovano pressoché un’infinita di sfumature: dalla samba in ring modulator di Sea alle concrezioni di Dilate, ai droni di Blue, passando dalle vampate di calore della title track alle lente discese ai pendii di Rossii, all’ascensione dell’apertura di Star(suono quasi raster:noton), alla comunicazione interrotta di Eduleche tuttavia genera dialogo angelico, coro sommesso.
Piccoli detriti che in un sistema diventano liquidi, con una fluidità che tutto riunisce e accorpa a sé, i cui ritmi sono espressione di mood, e non esclusivamente mero matematismo. Insomma, l’aspetto digitale viene paradossalmente spazzato via dal gradiente dell’analogico, poiché il calore della produzione, ha poco a che vedere con la freddezza. Certo, chi vedrà sempre l’elettronica come un genere sui generis, bene, continuerà a non capire niente di quelli che sono gli sviluppi di una pratica culturale (poi sì, c’è chi la musica la inserisce tra le arti, ma rimane pratica), di una svolta necessaria per l’ampliamento dell’ascolto, per ospitare caritatevolmente quegli spiriti taciuti, rinchiusi dentro quella griglia definita come rumore, invece ben visti se nella categoria “musica”.
Ecco perché si può sbagliare a definire la musica un’arte, poiché è ancor prima pratica caritatevole, che innalza l’inutilità della bellezza di un suono (sì, Cage, Stockhausen, Varèse, Berio, Maderna, su tutti quest’ultimo) e lo rende, non comparsa, ma protagonista di egual livello rispetto agli altri, capace di far sentire la propria voce.
Gli interdetti del rumore hanno trovato rifugio nella musica, una casa più grande, in cui vivere, crescere e invecchiare. Magari in altre epoche troveranno altri sviluppi, e saranno pietra angolare per ulteriori costruzioni.