Review of Status [12k1033]

Sound and Silence (IT)

La traslitterazione sonora appartiene alla norma della magia digitaolide e ne multipla accondiscendenza circuitiva, ritrasmissione orizzontale e destabilizzazione percettiva. Se un soffitto improvvisamente diventa l’anticamera innaturale di un posto dove sopravvivere o le pietre si tramutano in alberi e tonnellate di filmica in tessuti girevoli è sempre al Gestell, l’imposizione fluidificante e dominante della macchina aerobica dell’elettrica che, facendoci strani scherzi, si sostituisce neuronalmente e prende il posto di un cervello d’argento. I segni zigrinati della computeristica prendono il posto della cameristica, l’alveare intrusivo del beat ricostruisce giochi di brina su campane nemmeno tanto ovaloidi che si stonano in posti di cellulosa ma che intonano sempre colpi incrinati al Dio carità ed in questo mondo nemmeno tanto più mondano si ricostruisce per un colpo di mano l’estetica dello spazio e quella del tempo. L’elettronica attraversa i corpi come fosse l’ultima ovulazione di un animale in via di mutamento: ha due corpi e semmai più di un sistema, tempi disparati ed un sequencing che vede tutto ma lo vede come i segnali di fumo dei monitor visti dagli alieni. Frank Bretschneider e Ralph Steinbrüchel, in questo nuovo complesso spaziale forse non si sono mai incontrati e forse nemmeno si sono visti in foto: eppure appartengono entrambi a quello che l’universo più che assente che viviamo ci segnala come musica post-umana (come se davvero ci fosse un’umanità oltre cui avanzarne nuovi squilibri, la specie è al suo punto terminale!). Lavorano, nella polisemia di un’ora ed esibiscono lo sbriciolamento come l’ultimo segnale della macchina infernale che indossano come una seconda pelle: liberano tutti i circuiti che apparivano inadatti all’umana concezione e per questo effettuano l’UR-codice come quell’asse chiamato allo sviluppo nemmeno più dalla sua sparizione idealista quanto dall’ispirazione materialista di un gioco che c’è. Dov’è l’elettronica? Quali binari consegue nella determinatività esaustiva dell’ignoto? Starobinski diceva che: ‘Le strutture non sono cose inerti né oggetti stabili. Esse emergono da una relazione istauratasi tra l’osservatore e l’oggetto; si destano in risposta a una domanda preliminare, ed è in funzione di questa domanda posta alle opere che si stabilirà l’ordine di preferenza dei loro elementi’. L’elettronica che va sotto il segno di questa 12k, così come quella che si muove nell’inverosimile vuoto di una macchina inerte e viaggia a velocità più esaustive della luce, ama nascondersi nell’abiezione della stabilità, nell’intero movimento neutro dell’astrazione. Dice all’uomo che lo spazio circolare del linguaggio appare come una porta che bisogna più o meno sciogliere ma non favorisce alcuna scelta attorno ai suoi codici non risarcibili perché quello che ha dentro è sempre dentro la sua binaria circonflessione che ama, come si diceva più sopra, nascondersi. Ama nascondersi. Cosa non tiene ferme le macchine anche quando i semafori diventano verdi? Cosa impedisce alle navi di restare dove sono a 100 metri dal porto? Cosa permette agli uomini di avanzare solo di un passo sul ciglio della strada piuttosto che lasciarli lì? Perché gli aeroplani non restano sospesi in volo per anni ed anni ed anni? Perché un disco come questo non sceglie di fare a meno di qualunque beat e rimane per un’ora in replay su un solo millisecondo?

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