Review of Shoals [12k1060]

Arpeggi (IT)

Giovane, intelligente e ostinatamente alla ricerca di creative vie di fuga. Lui è Taylor Deupree, cresciuto a Brooklyn a pane, ambient e software musicali.

Artista – che come potranno ben testare le nostre orecchie dopo queste quattro tracce di Shoals- ha ancora molto da dirci, senza per questo servirsi di un nome, quello ormai conosciuto della sua etichetta personale, la 12k, a cui per forza di cose ormai associato.

Suoni che si trasformano alchemicamente in qualcos’altro, rispetto alle loro ragioni di funzioni, teoria che potremmo per definizione associare all’approccio del proggeto musicale di Steve Roden, conosciuto per la sua abilità nell’uso non convenzionale degli strumenti.

La musica qui – come per la serie dei tre mini-cd di Roden usciti tra il ‘97 e il ‘99- nasce così da un vero e proprio procedimento di attivazione di oggetti semplici,dimenticati o ritrovati.

Superfici sfregate, raschiate o mandate in riverbero con un eBow e rielaborate poi elettronicamente in loop a formare litanie tra gli effetti percussivi di strozzature e frammenti (“Falls touching grasses”).
Non manca un calore intimo e ubrulicante (“Shoals”) che sembra quasi rubato a una vecchia trasmissione radio o fatalmente impigliato nei pixel di un laptop. Un suono denso e semplice, sussurrato e barcollante come la voce del silenzio (“Rusted oak”) ma dalla cristallina identità e struttura, fatta di sapiente dosaggio di samplers ed elettronics (“A fading found”).

Un vero e proprio acquario surrealista fatto di leggi bioacustiche, che esigono attenzione e che scoprono l’ascolto verso un nuovo pianeta sonoro vivente.

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